“Mamma, guarda! C’è la foto dalla nostra casa delle vacanze con una morta!”
Rossella, seduta al tavolo davanti alla scatola di latta delle fotografie di famiglia, guardava una vecchia foto in bianco e nero con un’espressione visibilmente sbigottita.
“Ma no sciocchina, quelli sono nonna e nonno quando erano giovani. Sono in soggiorno, vai, così potrai chiedere a loro che cos’era successo”.
Curiosa, Rossella raggiunse subito i nonni nella stanza contigua.
“Nonno, guarda che cosa ho trovato! Perché hai lasciato la nonna caduta per terra?”
Amilcare prese la foto in mano e se la studiò con attenzione, poi si schiarì la voce e la restituì alla nipotina in attesa: “Non era caduta, le facevano male le scarpe”.
Greta, in poltrona, sollevò lo sguardo dal lavoro a maglia.
“Fai un po’ vedere che cosa hai lì”, sollecitò, sbirciando il marito che si allontanava, come era sua usanza quando era in imbarazzo.
Depose sul grembo ferri e gomitolo, prese in mano la fotografia e la osservò a lungo, pensosa.
Cinquant’anni prima. Un soffio. Come il viaggio in Vespa, aggrappata ad Amilcare e l’arrivo alla sontuosa Villa Prandini, il vialetto ghiaioso e la tavola imbandita di tutto punto. Un gesto premeditato, un piano segreto, organizzato a sua insaputa e offerto all’improvviso, in un pomeriggio di sabato con la scusa di una gita fuori porta.
Era stato un dono inatteso e magico, come a volte paiono le fiabe. Il dintorno era un paesaggio gentile, di siepi potate ad archi e palloncini, cespugli di larghe e pesanti peonie, una camelia fiorita, l’aria profumata e l’allegro cinguettio delle cince fra i rami fronzuti. La signorile dimora riposava nella penombra delle imposte chiuse, solo le ante spalancate della portafinestra apparivano come un occhio aperto sulle meraviglie del giardino.
“E’ la casa estiva dei miei” furono le uniche parole di spiegazione del giovanotto che l’accompagnava.
Che importava saperne di più. Chi avesse aperto la casa, preparato il pranzo, predisposto il cesto di fiori, discretamente appartata dietro le quinte per ogni evenienza del padroncino…
In amore non esistono ragioni, ricerche di motivi, di intenzioni. La trama dei giorni e delle ore si intesse di fremiti, di palpitazioni, di passi sulle nuvole, di desiderio che il tempo passato con l’amato non abbia mai fine.
“E’ il posto migliore per dirti che vorrei passare ogni giorno della mia vita con te”. Una frase sussurrata mentre, girate le spalle e senza riuscire a nascondere l’imporporarsi del volto, Amilcare si allontanava, intimorito dalle sue stesse parole.
Quando la felicità ti crolla addosso, cerchi di raccoglierla tutta, in ogni angolo del corpo, improvvisamente scoperto incerto e insufficiente per trovarle uno spazio adeguato.
Ecco perché scelse di abbandonarsi in orizzontale: voleva farcene stare di più di felicità, evitare che in un baleno le scivolasse addosso sprofondando nella terra, voleva farsi abbracciare dal cielo sopra di lei, percepire la durezza della pietra sotto il suo corpo e accorgersi che ciò che stava accadendo era realtà, che un sogno non era più tale, che il prossimo futuro sarebbe stato in due.
“Nonna, ma davvero ti facevano male le scarpe?”
“In un certo senso …. E’ che il nonno mi aveva detto che avremmo dovuto fare una lunga camminata insieme e mi dovevo riposare per non dovermi fermare mai”.
Esercizio: scrivere in poche righe un racconto suscitato dall’immagine
Foto di Gianni Berengo Gardin