Rienderien, 20 marzo 2025
Ce lo ripetevamo in continuazione.
Era la grande incognita il dopo a cui dovevamo guardare
– quando tutto fosse finito;
– quando gli anni trascorsi a inseguire il nemico finalmente fossero nulla di più che un frammento di passato da non temere;
– quando, infine, si fosse dovuto scoprire l’eredità lasciata dallo sconvolgimento delle nostre vite da sopravvissuti, dall’interruzione coatta dell’incontro con il prossimo, dall’incessante riprogrammazione di ciò che consideravamo abitudini, stili di vita, progetti di futuro.
Oggi che i numeri dei contagi, delle ondate, dei morti si sono acquietati, che la scienza e la matematica sono state dirottate in altre direzioni, è giunto il momento di capire l’entità degli effetti prodotti dalla pandemia sulla nostra psiche. Perché è da mesi ormai che una nuova pandemia pare avere infettato il comportamento umano.
Dapprima la si attribuiva al residuo della paura, dell’angoscia, della crisi economica, ma ora che gli ingenti finanziamenti hanno riequilibrato le casse degli esercizi rimasti sul lastrico e nulla più osta a una florida ripresa dell’industria e del commercio, diventa complesso trovare una spiegazione all’inquietante fenomeno di massa sopraggiunto: sono scomparse le emozioni, il colore della nostra esistenza, e con loro è scomparsa la socialità.
Ovunque infatti si sta registrando una serie di atteggiamenti di alessitimia e di isolamento autoindotto. Le persone escono a fatica da casa: schiere di riders sfrecciano in città e paesi consegnando a domicilio generi alimentari e di consumo. Centinaia di negozi di ristoro si sono riconvertiti in altre categorie merceologiche; hotel, alberghi, case vacanza e B&B si sono trasformate in comunità assistenziali; discoteche, stadi, palestre hanno definitivamente chiuso i battenti.
La sindrome di hikikomori non è più circoscritta a un pubblico giovane o giovanissimo: ora tutti gli adulti si sono volontariamente reclusi dal mondo esterno, soddisfando le proprie necessità grazie ai servizi domiciliari.
Un panel internazionale composto da neurologi, psichiatri e psicoterapeuti sta analizzando questo serio problema con un esperimento tuttora in corso, condotto in città e paesi campione (in particolare città d’arte e località turistiche prestigiose), volto a verificare le differenze individuali di fronte a stimoli sia fisiologici, sia emotivi.
I pochi luoghi rimasti ancora in funzione e un tempo catalizzatori di frequentazione massiva sono stati scelti come sede della ricerca.
In pratica, in accordo con i gestori reclutati per il sondaggio, si è provveduto all’allestimento di tavole apparecchiate con cibi e bevande di ottima qualità offerti gratuitamente e, accanto ad esse, il posizionamento supino di un corpo femminile, simulante un malore e avente lo scopo di suscitare un sentimento di compassione e/o un intervento di aiuto.
I dati già raccolti rivelano risultati impressionanti:
– il 2% dei passanti, dopo aver inciampato incidentalmente nel corpo, lo ha preso a calci;
– il 3% ha inveito con insulti per l’intralcio sul suolo pubblico;
– il 5% si è fermato per valutare il cibo proposto, senza però consumarlo, e ignorando totalmente il corpo disteso;
– il 90% si è mostrato totalmente indifferente agli stimoli e ha transitato oltre, senza nemmeno soffermarsi per semplice curiosità.
E’ d’obbligo precisare che il numero dei passanti giornaliero nelle zone identificate ha difficilmente superato la trentina, contro le centinaia di persone abitualmente di passaggio prima del 2020.
Le cause su cui gli esperti stanno indagando sono pluridirezionali:
Fisiologiche:
– la formazione di lesioni cerebrali irreversibili determinate dal virus (ricordiamo che il mancato raggiungimento dell’immunità di gregge ha generato in tutto il pianeta la diffusione incontrollata del contagio)
Sociali:
– la pressoché totale anestesia dei valori di umanità, reciprocità, solidarietà come effetto dei cinque anni di forzato isolamento, della progressiva sostituzione dei contatti personali con l’adozione dei social network e del definitivo passaggio a impieghi lavorativi digitali nelle abitazioni private (all’uopo in distribuzione milioni di questionari per il rilevamento delle nuove consuetudini di vita);
– il servizio di consegne a domicilio di qualsiasi bene primario o voluttuario reso da una rete di riders sempre più efficiente e capillare
Geopolitiche:
– la fabbricazione di VGM (virus geneticamente modificato) per la conquista di nuovi poteri egemonici.
Questo, al momento, è ciò che appare della normalità del nostro vivere, quello che ci è rimasto dopo la scomparsa improvvisa del virus.
(sulla scia della foto di Gardin)