Prospettiva

Scende una pioggia leggera. Mi annoio. Solo lo scorrere della vita che osservo dalla finestra della clinica, dove sono da tempo rinchiusa, mi ricorda che faccio parte del mondo. O ne sono l’artefice? Ciò che si svolge sotto i miei occhi è forse la realizzazione delle favole che racconto a me stessa?

…Ecco i due innamorati, anche se non sanno di esserlo, che come ogni giorno si incrociano nella via.

LEI: alle otto precise apre il suo negozio di gioielli etnici, scomparendo, inghiottita, oltre l’uscio. La vetrina è un’allegra esposizione di collane di pietra dai mille colori, acchiappasogni, orecchini di piume, di perle, di conchiglie. Lei è colorata come la sua merce, con un sorriso gentile rivolto a chiunque incontri, persino al senzatetto che staziona nella via, cui dona ogni mattina, insieme al benevolo sguardo, una moneta che deposita nel consunto cappello.

LUI: frettoloso, dall’aria concentrata in segreti pensieri fatti di numeri, quotazioni di borsa e bilanci di società, alla medesima ora si dirige verso l’auto per sfrecciare veloce in direzione del proprio dovere.

Si sfiorano appena. Non sanno di amarsi, mentre alla finestra io vedo! io so!

Anna, l’infermiera, dice che sono solo le mie fantasie, che posso sbagliarmi, che non si conoscono i sentimenti delle persone solo osservandole da lontano, che non devo immaginare le vite altrui ma pensare alla mia, pensare a guarire.

Sono passati molti giorni, e ancora staziono alla medesima finestra. Ancora si incrociano, Lui e Lei, la mattina alla solita ora, ma ora vedo la tristezza di un amore finito.

(ispirato alla poesia di W. Szymborska)

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