Non mi fidavo di Lei: era giovane, bella, intraprendente e disinvolta. Con l’intento di appurare la sua vera natura e verificarne la buona fede, chiesi a Betty di pedinarla. Ci accordammo per incontri settimanali durante i quali, di fronte a un tè con pasticcini, mi avrebbe ragguagliato sul lavoro svolto. La mia cara amica si adoperò alla missione affidatale con grande impegno e abnegazione.
Coi suoi merletti, la camicia serrata sino all’ultimo bottone ed il cappellino di feltro, segno di bon ton d’altri tempi, frequentava con disinvoltura bar, pub e birrerie, armata dell’inseparabile quotidiano, che dispiegava avanti a sé, nell’intento di occultare il suo sguardo insistente. Spesso, come ipnotizzata, lasciava scivolare, oltre la carta stampata, delle occhiate prolungate che svelavano, ad osservatori attenti, il suo vero interesse. Sovente si potevano vedere le due donne sedute in tavolini adiacenti, l’una con quell’aria ottocentesca e lo sguardo severo che di tanto in tanto si posava sulle cosce scoperte della giovane, e l’altra, apparente ritratto della modernità, dallo sguardo sognatore e malinconico.
Due mondi a confronto, divergenti, inconciliabili. Eppure provavano inconfessabilmente una reciproca attrazione.
Nessuno può dirsi immune dall’eterna seduzione per ciò che è fresco e giovane ed è altrettanto inevitabile l’interesse verso i pensieri di chi ha oltrepassato la mezzarìa dell’esistenza e si appresta a percorrere il breve tratto che resta.
Un giorno condivisero un drink conversando piacevolmente. Alcuni frequentatori del locale, appartenenti alla categoria dei beoti, ridacchiarono alle loro spalle, incapaci di comprendere un’unione, se non quelle dei corpi. Trascorsero insieme diverse ore e si lasciarono con progetti condivisi.
Per giorni e giorni attesi il resoconto settimanale, ma Betty risultava irreperibile. Andai a cercarla recandomi al suo indirizzo. La vicina ipotizzò fosse partita, perché le imposte del suo appartamento restavano, da giorni, serrate. Mi prese il timore che, accortasi del rudimentale pedinamento, la donna potesse averle fatto del male.
Decisi di attendere ancora qualche giorno prima di sporgere denuncia di scomparsa. L’indomani ricevetti una cartolina, ricavata da una fotografia: ritraeva le due donne sorridenti su una decappottabile rossa, i loro capelli, castani e grigi, intrecciati, complice il vento; sul retro una semplice scritta: “Nel dubbio, meglio fidarsi. Non mi cercare, non tornerò”
