Leggiadra Luna, la mia rimembranza,
finiti gli ultimi mesi, va alla cima di quest’altura
e a me che in massima angustia venia a rimirarti:
e tu che pendevi su quella selva,
in quegli istanti e al presente sempre tutta la rischiari.
Vibrante e velata per le lacrime pungenti ai cigli,
alle mie pupille la tua plenitudine apparia, ché travagliata
era la vita mia: ed è, né cangia stile, mia diletta Luna. E pur mi allieta
il rimembrare, rivivere eternamente la pena e il dispiacere.
Che gratitudine avere nell’età verde
tanta speme d’innanzi ed esiguità di eventi passati,
che, se pur tristi, regalan all’anima perpetua infelicità.
Testo originale: Alla luna di Giacomo Leopardi
O graziosa Luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva,
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto,
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, ché travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta Luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!