Qual incanto, pioggia d’autunno, trasformarmi in foglia
avida d’acqua sino al picciolo
congiunto al ramo, ramo abbracciato al tronco,
tronco abbarbicato al suolo; tu, pioggia, fra i profondi condotti
scorri, ti spandi, placando l’arido affanno.
Ascolto il tuo annuncio di un rigido riposo:
fra non molto la foglia cadrà d’una ramata tinta,
al fango sarà commista,
ma poi nutrirà il tronco valicando radici immobili,
sino a rispuntar sui rami di un nascituro ciclo.
Qual incanto, pioggia d’autunno, trasformarmi in foglia,
abbandonarmi ai tuoi scrosci, sicura
di mai, mai morir, ma solo
cangiar il mio volto quando natura vorrà,
fin quando la pianta rimarrà fronzuta.
VERSIONE ORIGINALE DI ADA NEGRI
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
che non morrò, che non morrò, che solo
muterò volto sin che avrà la terra
le sue stagioni, e un albero avrà fronde