fatalità

Gianni, fermo sullo zerbino, prese le chiavi dalla tasca.

Le osservò  senza vederle, con uno sguardo vuoto.

Il suo pensiero veleggiava verso altre destinazioni: ormai aveva deciso, non avrebbe esitato, questo era il momento, oggi il giorno.

Non si era neppure reso conto, perso com’era nelle proprie elucubrazioni, del passaggio dei vicini che lo scrutavano incuriositi non comprendendo la sua strana inspiegabile immobilità.

Quell’insopportabile ritornello tornava a torturarlo, era nella sua testa come in loop e ripeteva e ripeteva e ancora ripeteva “voglio trovare un senso a questa vita, ma questa vita un senso non ce l’ha!”

Era una conferma, la musica stessa ne forniva una giustificazione.

Un cane abbaiò alla vista della sua posa plastica, risvegliandolo al presente.

Con gesti da automa riconobbe la chiave giusta e, mentre realizzava in modo quasi palpabile che la sua vita era ormai composta da sole ombre,  aprì l’uscio.

Altre ombre, meno terrificanti, gli si pararono davanti accrescendo quel senso di buio siderale nel quale stava sprofondando.

E ancora la canzone tornò ad ossessionarlo: “quando eravamo giovani era tutta un’altra cosa chissà perché”

Per un attimo gli parve di sentire il profumo del pitosforo, quello stesso profumo decantato da Paolo Villaggio quando con dolcezza rievocava  il primo incontro, nella calda e odorosa  terra ligure,  con la donna amata da sempre.

Si rimproverò.

Era solo voglia di risentire, come tangibili, le  sensazioni! Le sensazioni…ne aveva tanta nostalgia.

Il calore del sole, una fresca brezza, il suono del vento, i profumi…

Forse era ancora possibile abbandonare quei propositi di morte.

No, non era pitosforo, era solo un’illusione. L’odore era pungente non soave e inebriante come l’arbusto evocato.

“E la voglia, la voglia di vivere, quella voglia che c’era allora chissà dov’è”

La mente aveva preso la sua decisione ma il corpo si opponeva.

Colpevole la memoria: non riusciva a dimenticare il piacere di una carezza, il sapore delle fragole col cioccolato, la vertigine provata osservando il mondo dall’alto di una vetta, il brivido del mare tutt’intorno, l’inebriante smarrimento provato osservando il deserto da sopra una duna, la vista di un’ape, piccolo essere, che amabilmente esegue con costanza il proprio lavoro.

“Voglio trovare un senso a questa vita”… riflettendo tra sé realizzo che anche se priva di senso, sentiva di amarla, ora come non mai e desideroso di ricominciare, pronto ad affrontare nuovamente l’ignoto con tutte le sue imprevedibili sfumature, con ritrovato slancio pigiò il dito sull’interruttore.

La luce si accese e l’esplosione squarciò l’appartamento.

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