Smarrirsi

Chiara aprì il quaderno abbandonato sulla sedia dell’anticamera portando alla luce una sequenza di pagine ricoperte da una fitta grafia disordinata. Le lettere sfuggivano dai quadretti, seguendo un moto discendente che pareva uno scivolo diretto verso il nulla. Molte parole, infatti, giunte al margine del foglio dopo una discesa impazzita, si troncavano bruscamente, come se, all’improvviso, mancasse loro la terra sotto ai piedi.

Chiara indugiò su quei segni scomposti. Erano liste infinite, vere e proprie insalate di parole che, fissandosi sulla carta, condividevano una contiguità priva di senso.

Ancora pensosa, aprì il frigorifero per deporvi il semifreddo appena acquistato. Trovò distribuite sui vari piani otto confezioni da sei uova, una caffettiera, mezzo melone ricoperto da una muffa grigiastra e una scodella di latte.

Sentì gli occhi inumidirsi. Quanto tempo era passato dall’ultima visita in casa di sua madre? Quelle telefonate brevi dove la preoccupazione maggiore era relativa al costo delle chiamate internazionali – “Sì, sì, io sto bene. Qui è tutto a posto. Metti giù altrimenti vedrai che bolletta!” – non l’avevano insospettita a sufficienza. Del resto, la relazione con sua madre non era mai stata semplice, impegnate com’erano tutte e due a lottare l’una contro l’altra per difendere la propria indipendenza.

Girando per l’appartamento aumentarono gli indizi.

Biancheria appesa ad asciugare di un uniforme colore rosato, certamente causato dalla maglietta rosso carminio che ancora spiccava, un po’ sbiadita, tra le lenzuola e l’intimo in origine bianco, pavimenti macchiati e appiccicosi, l’armadio stipato di vecchi giornali ingialliti, vestiti sparsi ovunque, non lasciavano dubbi sull’infermità mentale di una donna rimasta sola e priva di legami familiari.

Ma dov’era adesso? A chi poteva rivolgersi per informazioni? L’allegria di sorprenderla con il suo arrivo inaspettato lasciò subito il posto a nefasti pensieri.

Fu proprio mentre valutava l’opportunità di suonare ai vicini che sentì infilare la chiave nella toppa.

La porta si aprì ed entrò una donna paonazza in volto, sudata, con due maglioni di lana infilati uno sopra l’altro e i capelli unti incollati alle tempie. La temperatura esterna era di almeno trenta gradi.

Lei chi è?” furono le sue prime parole.

Ma mamma, sono Chiara, tua figlia!”.

Io non ho figli”, rispose serafica e la sorpassò dirigendosi verso la cucina, lasciando la porta d’ingresso spalancata.

E lei chi è?” questa volta fu Chiara a interpellare la donna che entrò nell’appartamento con una sicurezza tale da far supporre che non era certo la prima volta.

Sono Giuseppina e tengo compagnia alla Martina”, rispose quella che, per aspetto e abbigliamento, nulla aveva da invidiare a colei che l’aveva preceduta.

Noi si mangia il pollo allo spiedo, ne vuole anche lei?”, chiese la Giuseppina, mentre appoggiava sul tavolo il sacchetto del supermercato.

Attonita Chiara guardò la strana coppia sedersi muta al tavolo, mentre l’una tagliava in quarti il pollo e l’altra brandiva con le mani la sua parte, iniziando a divorarla voracemente.

Nella sua totale invisibilità Chiara cercò i documenti della madre. Fortunosamente li trovò.

Si diresse verso la Questura dove, a un accigliato ma gentile brigadiere, spiegò la penosa questione.

Dopo qualche giorno Chiara si presentò al Servizio Diagnosi e Cura dell’ospedale e ottenne la conferma di ciò che già immaginava.

La madre, affetta da un grado avanzato di demenza, non poteva essere lasciata sola in casa senza un’adeguata assistenza. Non mancò un rimbrotto nei suoi confronti, figlia unica e passabile di denuncia per abbandono di incapace.

In compagnia dei suoi sensi di colpa, a distanza di una settimana Chiara entrò nel reparto della residenza dove era appena stata ricoverata la madre.

Si fermò ad osservarla dal fondo del corridoio: era seduta accanto a un signore in carrozzina, tranquilla, serena, sorridente, impegnata in un monologo ad alta voce verso un pubblico immaginario.

Ciao mamma, come stai?

“Io sto bene. Sono qui con mio marito. Anche lei abita qui?”

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