Cuori d’agosto

Davanti al finestrino intuisco l’immagine solo per pochi decimi di secondo, ora che le Frecce hanno sostituito i vecchi espressi.

Ogni volta che sono in viaggio per Bologna, in quelle frazioni di attimi, saluto la stazione di Parma.

L’alta velocità corre sui binari della vita e sui giorni del calendario. Ma quell’agosto del 1986 resiste nei ricordi e, durante le trasferte lavorative nel capoluogo emiliano, sembra aver voglia, ad ogni mio passaggio, di risorgere, chissà, forse per ricordarmi chi ero, chi sono.

***

Certe date si fissano nella memoria anche se, apparentemente, nulla di esclusivo parrebbe degno di salvaguardarle dal naufragio dell’oblio.

Probabilmente l’elettricità di quell’estate 1986 scaturiva dalla fine del percorso di studi, una maturità faticosa e uno spasmodico desiderio di autonomia. Ancor più verosimile era l’eccezionalità della prima vacanza con un trio di nuove amiche, finalmente sciolta dalle catene genitoriali e pronta per il gusto del viaggio on the road: quattro donne, una Dyane 6, un bagagliaio stracolmo di zaini e una spartana canadese.

Ma che tipe sono queste parmigiane?”, così le chiamava mamma.

“Te l’ho detto, sono amiche di Carlo, le ho conosciute quando sono andata a Parma, al matrimonio di sua sorella”.

Ah già! Ma poi non le hai più frequentate…

Che c’entra, mamma, Hanno deciso di fare un viaggio ai castelli della Loira e poi proseguire in Normandia: cercavano la quarta per dividere le spese. Partiamo in tre il cinque agosto e l’ultima ci raggiunge la settimana successiva”.

La discussione non si era protratta a lungo. I miei conoscevano Carlo, mio sfortunato corteggiatore che a loro era piaciuto subito, perché serio, posato, quasi laureato e un avvenire sicuro da brillante ingegnere in una multinazionale già interessata al suo curriculum. Di solito capita l’inverso – che una ragazza si innamori di qualcuno non ben gradito ai suoi per via di molteplici, a volte inesistenti, difetti – ma in questo caso l’eccezione che conferma la regola ero io, del tutto indifferente nel buttare all’aria un’occasione d’oro. Carlo non mi interessava come appetibile marito, però eravamo ottimi amici e questo era il lasciapassare per la mia estate.

I preparativi furono rapidi, grazie ai suggerimenti delle ragazze che raccomandarono il minor peso possibile e i beni irrinunciabili per venti giorni di spostamenti continui, tra cui k-way, scarpe da pioggia, almeno un maglione di lana, farmaci, creme solari.

Alla stazione di Parma avrei trovato Vanda che mi avrebbe accompagnato dalla nonna di Carlo per l’ospitalità notturna e, il mattino successivo, partenza alle sei con l’auto di Nadia.

Anche Carlo si sarebbe già trovato lì, perché, come ogni anno, si guadagnava le spese universitarie trasferendosi in Emilia e andando a raccogliere i meloni nei campi.

Come da programma, tutto filò come previsto, con i tortellini strepitosi della nonna, una passeggiata lungo il fiume per le ultime raccomandazioni (Carlo era pure molto paterno) e una notte insonne, per via dell’eccitazione dell’avventura. Io ero la più piccola, se a diciannove anni ci si può ancora definire tali. Nadia, 26 anni, Vanda 28, Sonia 29.

Di quel viaggio sono rimaste le testimonianze degli album fotografici: i percorsi, le soste, le ricerche dei campeggi, la scelta di fermarsi un unico giorno in ogni paese dell’itinerario, la velocità della visita degli ultimi castelli (sature di quella scorpacciata merlata), la trasformazione notturna galleggiante del Mont Saint Michel, le onde fragorose dell’oceano sono ricordi sfumati. Più vivide invece le chiacchierate, le confidenze, i sospiri di amori scentrati che, alle mie orecchie, giungevano nuovi, insospettabili e, per certi versi sorprendenti per chi considerava, povera illusa, l’amore come sentimento eterno.

Mò ti faccio ridere. Sono innamorata di un prete” mi aveva confidato Nadia mentre andavamo a lavare i piatti all’area di servizio del primo campeggio.

Lui lo sa?” non potei fare a meno di domandarle.

Certo che lo sa, è questo il casino. Mò guarda che non è mica un prete democristiano, vèh, E’ un comunista molto impegnato nel sociale e questo sentimento che anche lui prova per me l’ha messo in crisi. Queste tre settimane di separazione ci serviranno per capire il da farsi”.

Ho una relazione da tre anni con uomo sposato” era stata la confessione di Vanda. “Ci amiamo in un modo pazzesco, ma lui ha due bambini ancora piccoli e non vuole separarsi per non traumatizzarli.

Ogni notte, in tenda, storie, aneddoti, malumori, lacrime accompagnavano il nostro scivolamento nel sonno.

Ma l’autentico scossone fu l’arrivo di Sonia. Pareva una drogata, lo sguardo perso nel vuoto, le parole a monosillabi, il walkman con la musica nelle orecchie a ciclo continuo.

Ragazze, che scuffia! Mi sono innamorata del batterista dei Red Wine” era stato il suo unico annuncio, prima di sparire nelle note urlate e negli assoli di piatti di Lucio (i Red Wine erano una banda rockettara parmense molto in auge alle feste dell’Unità di quell’estate).

Sonia si sarebbe dovuta sposare ad ottobre con Aldo.

Dailà, e Aldo?” sconcertate Vanda e Nadia parevano non riconoscere più la vecchia amica. Io, ultima arrivata, potevo solo realizzare la sorpresa per quelle parole.

Aldo non lo sa. Appena torniamo glielo dico. Ho intenzione di seguire Lucio nella sua tournée autunnale” riuscì a rispondere, mentre testa e corpo si muovevano ritmicamente al suono della musica.

Seguì un silenzio totale. Cambiò il registro delle conversazioni notturne, sempre finalizzate a ricondurre Sonia alla ragione, e anche il clima amicale.

Mò vèh ci vuole un bel coraggio! Parlate proprio voi, una che ama una tonaca e l’altra che sta con uno che è certo che non mollerà mai la famiglia”.

Ci furono momenti di tensione, ma prevalse l’amicizia e la voglia di godersi le vacanze. Io divenni, per così dire, lo sfogatoio intimo di Nadia e Vanda e l’ascoltatrice ufficiale dei Red Wine, quando arrivava il turno di Sonia nelle operazioni di rigoverno della tenda.

Fu un’estate molto istruttiva per la mia educazione sentimentale, sufficientemente variabile anche in base ai paesaggi mutevoli, che riuscivano ad entusiasmarci nonostante le angustie del cuore.

Sul declinare della terza settimana agostana, con il buio serale che già annunciava la fine dell’estate, si percepivano vibrazioni emotive contraddittorie. Il richiamo nostalgico del ritorno reclamava prese di posizione decisive per una svolta sul piano amoroso. Impegnativa, per tutte e tre quelle donne, ma necessaria.

Per me, libera da affanni di coppia, l’accoglienza in città coincise con le prime risposte agli invii delle mie domande di lavoro. Settembre si consumò rapido tra colloqui e il periodo di prova della mia prima esperienza impiegatizia. Carlo, concentrato sulle battute finali della tesi di laurea, sospese ogni relazione che non fosse con la macchina da scrivere e così anche quel fatidico anno giunse presto alla fine, annunciando non più le provvidenziali vacanze scolastiche, ma risicate giornate di ferie da gestire con i colleghi d’ufficio.

A distanza di tanti anni, ora che sono un’affermata e disinibita Product Manager, quando taglio il confine lombardo ed entro in territorio emiliano faccio i conti con quel pezzo di passato e mi lascio pervadere da un sentimento di tenerezza per la caducità delle inossidabili convinzioni che dimorano nella mente adolescenziale. Certo, l’impressione della libertà in pugno è ancora vivida nella memoria, ma altrettanto la consapevolezza che la sacralità dell’amicizia, dell’innamoramento e dell’amore, pur essendo bagaglio imprescindibile del tuffo nella vita, diventa inaffidabile feticcio durante il galleggiamento.

L’essere stata compagna di viaggio di quelle giovani donne più mature di me non fece sviluppare un’amicizia più solida. Anche la lontananza sicuramente ne fu complice.

Carlo si trasferì definitivamente in provincia di Parma, dove, oltre al lavoro, consolidò un incerto rapporto nato con una donna di dieci anni più vecchia, separata, con due bambine.

Fu lui, in una delle lettere che periodicamente ci scambiavamo, ad informarmi sugli esiti degli amori di quell’agosto.

Nadia dovette arrendersi di fronte all’imperio della vocazione del suo Don comunista, il quale, per poter resistere alla tentazione della ricaduta, chiese il trasferimento in una parrocchia del profondo Sud.

Sonia, finita la tournée dei Red Wine, si rese conto che il trip erotico era stato frutto unicamente della sua fantasia. Lucio, certamente lusingato dalla sua sfrenata adorazione e ben felice di trascorrere in compagnia le giornate in attesa dei concerti notturni – ore trascorse in estenuanti prove continue di pezzi musicali sempre nuovi – era già sentimentalmente impegnato con Francesco, in Finlandia per un seminario di letteratura norrena.

Vanda si barcamenava tra minacce, ricatti e cedimenti alla passione del suo amante e giurava, convinta, che presto avrebbe messo un punto a quella squallida vicenda.

Aldo, letteralmente scioccato dalla rinuncia al matrimonio di Sonia, aveva trovato in Nadia una spalla talmente comprensiva ed empatica nel raccogliere il suo dolore che, a distanza di un anno, le chiese di sposarlo, ottenendo il suo consenso.

***

L’alta velocità che corre sui binari della vita non lascia spazio a quel gioioso ozio che non sempre si apprezza durante l’età verde.

Gli anni trascorsi paiono una manciata di istanti. I binari non hanno avuto occasione di incrociarsi nella traiettoria dello scorrere del tempo, nonostante le buone intenzioni.

Non sento più nemmeno Carlo.

Chissà come sono continuate quelle storie, adesso che non ho alcuna certezza sul come finirà la mia.

Esercizio: “Agosto, mese di vacanze, di incontri, di flirt, di amori. Scrivi un racconto ispirato a questo mese”

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