Amo il mio gatto.
Lui non cammina, incede.
Ha il manto multicolore come un arcobaleno senza luce. Nessuno sa da dove venga, lo circonda il mistero. Il suo sguardo si incunea persino nella coscienza: parla senza voce, comunica senza vocaboli.
Amo il mio gatto ed il calore che diffonde con la sola presenza.
Lo accarezzo e una benefica vibrazione si trasmette alle terminazioni nervose; lo guardo ed è la visione di un “tutto”, la perfezione, l’arte, la bellezza; ascolto il suo flebile miagolio ed il simpatico ronzio che lo accompagna mentre si struscia contro i miei polpacci, ed è una dolce ninna nanna.
Lui mi ipnotizza, una forza misteriosa mi costringe ad osservarlo continuamente, mentre, come sempre, lui mi ignora senza ritegno. Un senso di inferiorità mi pervade: lui sa, conosce, comprende l’enigma dell’esistenza. Non ha paura di nulla, affronta la vita senza domande, non guarda al passato, non si vincola, non è mai prigioniero, dona affetto con parsimonia, senza sentimentalismi, però, quando chiede, sa essere riconoscente, sa come conquistare.
Ha tanto da insegnarmi, perciò lo eleggo a mio maestro.
purtroppo…io non ho un gatto.
commosso per l’ultima riga. Ma fortunato perchè i gatti del mio ciclo di vita danno proprio quello che dice questo racconto. Su di loro la pensa allo stesso modo Murakami (nato nel 1948, come me): https://traccesent.com/2020/11/19/murakami-haruki-abbandonare-un-gatto-illustrazioni-di-emiliano-ponzi-einaudi-2020/. E’ importante sapere che quel gatto tornò a casa da solo,. E quindi non fu abbandonato
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