IL senso del Tempo

Ho sempre avuto quello che chiamo il “senso del Tempo”.

Quando, ancora bambina, osservavo l’amata nonna preparare con meticolosa cura il rito serale del pediluvio, la mia attenzione si soffermava sulle sue dita forgiate da anni di costrizione nei vari tipi di calzature, sulla sua carne callosa e la pelle maculata e grinzosa, così diversa dalla mia, rosea, flessuosa e morbida.

Già pensavo che un giorno avrei visto su di me lo stesso lavorio del Tempo.

Quando vedevo mio padre ogni sera, prima di coricarsi, preparare diligentemente gli abiti per la seguente nuova giornata lavorativa, avevo piena consapevolezza, accompagnata da una punta di precoce nostalgia, che questa rassicurante consuetudine un giorno sarebbe svanita, inghiottita dal Tempo.

Sapevo con estrema chiarezza, che oggi mi appare insolita per quell’età acerba, del modo in cui il Tempo avrebbe interferito nella mia esistenza.

Oggi, quando torno nella casa di infanzia, mi rivedo in quelle stanze familiari dove mi muovevo inquieta, fremendo dal desiderio di fuga, insofferente alla routine, ai soliti gesti quotidiani ma al tempo stesso spaventata dal futuro perché pienamente consapevole del potere del Tempo.

Così è stato. Inevitabilmente il Tempo ha fatto il suo lavoro, cambiando ogni cosa e depositando, giorno dopo giorno, quella sottile nostalgia di ciò che fu, cui nessuno si sottrare.

Non è il desiderio di rivivere quei momenti, non sempre piacevoli, ma è quell’indescrivibile, eccitante, inebriante sensazione, che tutto sia ancora possibile.

E che ora più non è.

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